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Trump Riaccende la Guerra con la Fed: Tassi e Dazi al Centro dello Scontro

  • Immagine del redattore: Filippo Sala
    Filippo Sala
  • 17 apr
  • Tempo di lettura: 2 min

Il presidente attacca Powell e chiede tagli immediati, ma la Federal Reserve difende la sua indipendenza in un clima di crescente tensione economica.


 

Il presidente Donald Trump è tornato a infiammare il dibattito economico con un attacco frontale alla Federal Reserve e al suo presidente, Jerome Powell. In un clima che ricorda le tensioni del suo primo mandato, Trump ha usato toni duri, mescolando critiche al vetriolo a pressioni per un cambio di rotta nella politica monetaria. “Le dimissioni di Powell non possono arrivare abbastanza in fretta!”, ha scritto in un recente post sui social media, accusandolo di essere “sempre troppo in ritardo” e di “sbagliare tutto”. Al centro della disputa: i tassi di interesse, che Trump vorrebbe vedere tagliati immediatamente, sull’esempio di altre banche centrali come la Banca Centrale Europea.


Il nuovo assalto arriva in un momento delicato per l’economia americana. Le politiche tariffarie di Trump, che il presidente vanta come una fonte di entrate significative – “Gli USA stanno facendo soldi con i dazi” – stanno generando effetti a catena. Secondo gli analisti, i dazi potrebbero spingere l’inflazione verso l’alto, mettendo la Fed di fronte a un bivio: mantenere i tassi elevati per contenere i prezzi o abbassarli per sostenere la crescita. Powell, parlando mercoledì a Chicago, ha riconosciuto questa sfida, sottolineando la necessità di evitare che gli aumenti di prezzo legati ai dazi si trasformino in pressioni inflazionistiche durature. La sua risposta? Un fermo richiamo all’indipendenza della Fed:

Non saremo mai influenzati da pressioni politiche. Faremo ciò che è giusto, senza considerare fattori esterni.

Ma Trump non sembra intenzionato a fare marcia indietro. Giovedì, ha ribadito la sua richiesta di un taglio immediato dei tassi, lamentando che Powell “avrebbe dovuto agire molto tempo fa”. Le sue parole hanno riacceso i timori di un ritorno al clima di volatilità del 2018-2019, quando gli scontri tra Casa Bianca e Fed, combinati alla guerra commerciale con la Cina, tenevano i mercati sulle spine. La settimana scorsa, gli annunci tariffari hanno già provocato turbolenze, con un insolito aumento dei rendimenti obbligazionari a lungo termine accompagnato da un indebolimento del dollaro.


Nonostante le minacce, Trump ha dichiarato in passato di non voler sostituire Powell prima della scadenza del suo mandato, prevista per maggio 2026. Una posizione che sembra trovare eco nelle parole del Segretario al Tesoro Scott Bessent, che in un’intervista a Bloomberg ha definito l’indipendenza della Fed “un scrigno prezioso da preservare”. Tuttavia, le continue bordate del presidente sollevano interrogativi: si tratta di una strategia per influenzare le scelte della banca centrale o di un’uscita puramente retorica per galvanizzare la sua base?

Per ora, Powell mantiene la rotta, forte del sostegno bipartisan a Washington per l’autonomia della Fed.

La gente può dire quello che vuole, non è un problema

ha dichiarato, ribadendo che le decisioni saranno guidate esclusivamente dai dati economici. Ma con un Trump in modalità combattiva, il rischio di un’escalation è dietro l’angolo.

I mercati, già nervosi, osservano con attenzione, consapevoli che un nuovo braccio di ferro tra Casa Bianca e Federal Reserve potrebbe ridisegnare il panorama economico nei mesi a venire. Una cosa è certa: il duello è appena iniziato, e le sue ripercussioni si faranno sentire ben oltre i confini di Washington.

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